Roma – Confesercenti:” Aprite le attività le perdite sono già pesanti”.

La Confesercenti ha iniziato a fare i conti, anche se per  la situazione è troppo presto. Ognuno fa il suo lavoro e se il coronavirus impazza in 188 Paesi la colpa non è di nessuno. Secondo l’organizzazione dei commercianti  se il fermo di tutte le attività durerà fino al 3 maggio prossimo, la spesa famiglia su base mensile si attesterà a 30 miliardi in meno, pari al 30% del totale annuo. La Confesercenti, stima relativa soltanto ai primi quattro mesi del 2020, la perdita cumulata è di 45 miliardi. Una vera catastrofe che richiamerebbe l’urgenza di una riapertura delle attività, nel più breve tempo possibile, per una ripartenza anche per altre categorie d’impresa. L’organizzazione dei commercianti è convinta che bisogna contenere al massimo le perdite per evitare chiusure l’una dopo l’altra o fallimenti. Certo la situazione non è facile sia per i commercianti e sia chi, in politica non ha capito ancora che non si può attendere in questa situazione la burocrazia.  Se il denaro c’è, come affermano il Premier Conte e il ministro per l’Economia Gualtieri si dia il più presto possibile, anche durante le restrizioni. Si tratta di passaggi bancari che non richiedono tempi per quanti ne hanno diritto. Stesso di scorso che si fa per i commercianti val anche per il pagamento della cassa integrazione: se il denaro c’è venga dato e se non c’è si chieda alle banche di anticiparlo, con la garanzia dello Stato. A corredo di questa situazione, abbastanza confusa,  dove la solidarietà europea sembra, almeno fino ad oggi una chimera, Giusto richiamo di Papa Francesco ripetuto anche oggi, non si può rimanere con una situazione finanziaria sospesa. Non lo dovrebbe consentire la coalizione di governo Pd, M5S e LeU e IV. Non dovrebbe consentirlo l’opposizione che, rotta ogni auspicata collaborazione costruttiva con l’esecutivo, è libera di utilizzare le armi che ha a disposizione. Per non parlare dei sindacati che non possono fermarsi, nemmeno il giorno di Pasqua, davanti a ritardi che hanno escluso dalle festività, la parte più debole del Paese. Qui non si tratta di garantire il superfluo ma del pane quotidiano e tanto basta per capire, la gravità che sta assumendo questa crisi.

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