Il Capo della Protezione civile, Borrelli, superato lo stato febbrile che lo aveva tenuto lontano dal suo lavoro, ha tenuto il solito incontro con la stampa. Ecco la situazione aggiornata: i decessi sono nel totale 10.073, nelle ultime 24 ore sono stati 889. I guariti 12.384 nelle 24 ore tra ieri ed oggi sono stati dimessi 1.434 ex pazienti; i positivi ammontano a 70.65 cioè più 3.651 tra ieri ed oggi. Questi pazienti sono stati così suddivisi: in isolamento domiciliare 39.533, ricoverati in quanto presentavano sintomi 26.676 e in terapia intensiva 3.856. Una situazione definita dagli esperti in linea con l’attuale situazione e la prova del pico raggiunto per l’inizio della fase discendente dovrebbe verificarsi la prossima settima na, cruciale per verificare se è stato fatto, tutto quello che era possibile, per cominciare a respirare un’aria nuova. Questo significa tornare alla vita pre coronavirus? Assolutamente no. Ma se tutto andrà, come previsto dall’Istituto superiore di sanità e dall’Oms, gli italiani dovrebbero poter guardare ai loro sacrifici, con maggiore soddisfazione di aver ottenuto un primo risultato positivo. Occorrerà superare altre tappe, peraltro già predisposte e soprattutto dovrebbe diminuire l’elevata pressione sugli ospedali. Intanto continua in crescendo le nuove attrezzature per gli ospedali sia per quanto riguarda la terapia intensiva e sia per il personale medico e paramedico che potrà contare su protezioni maggio ri e con turni meno massacranti di quelli effettuati. Ma per la sanità si è aperto, con questo flagello del Covid – 19, un capitolo nuovo. Stop ai risparmi su attrezzature e personale, stop a chiusure decise senza una preparazione specifica. Una santità che rimarrà tra i compiti dei governatori delle regioni ma nell’ambito di un piano – programma nazionale indispensabile per far fronte ad ogni esigenza. Stesso discorso vale anche per la sanità a Nord e quella a Sud. Un bene così pre zioso non può essere diviso tra aree geografiche. Ci sarà un modello unico, per tutto il territorio nazionale, almeno questo è quello che continua a sostenere, giustamente, il ministro alla Salute Speranza.