Roma – Il M5S tra scissione e abbandoni. Di Maio e Di Battista ai ferri corti

Il M5S è molto vicino ad una scissione o ad una parziale disintegrazione. Una decina di parlamentari sono con la valigia pronta: non si riconoscono più, con il Movimento che li ha fatti eleggere, in Parlamento. Un numero imprecisato, stimato in più di 20 parlamentari,  è con Di Battista.  Un personaggio che ha creduto fortemente nel Movimento di Beppe Grillo e che, ancora oggi difende quelle idee ” rivoluzionarie” nonostante, lo stesso fondatore, nutre dei dubbi su una ” dottrina”, attuabile solo, con una maggioranza assoluta in Parlamento. Per non parlare degli iscritti: tutti dalla parte di Di Battista, per i valori intatti che esprime. Di Battista, va rammentato ha rifiutato di fare il ministro o di assumere cariche di primo piano. Ha detto no ed è rimasto fuori, da ogni coalizione di governo del M5S, con altri partiti. Ma soprattutto si è opposto ad un governo con il Pd , considerato il partito peggiore giunto fino ad oggi, grazie alla difesa di interessi molto discutibili. Così si fronteggiano, anche per far rimanere o rimuovere, Conte da Premier, due schieramenti: Di Maio – Grillo e Di Battista – Casaleggio. Non è un problema da poco se si considera che, il M5S è partito di maggioranza relativa, dopo le politiche del 2018. Un “malessere”, quello che sta logorando il M5S, che appare senza vie d’uscita. Rinviato sine die la convocazione degli Stati Generali, confermato Crimi alla guida del Movimento, sia pure come reggente, si sta per aprire lo scontro tra Di Maio e Di Battista e tra Grillo e Casaleggio. Di Maio e Grillo sono per far approvare, dal Parlamento, ciò che l’Unione Europea, Mes compreso,  ha messo nel paniere. Di Battista e Casaleggio sono contrari ad alcune ” misure” ma soprattutto al Mes, tanto che più parlamentari del M5S, hanno votato ieri con FdI e la Meloni, contro il governo. Periodo di grande confusione politica? Non solo. L’attuale governo è più trascinato da Conte a rinviare, Cdm e decisioni importanti che riguarderanno, per decenni, tutti gli italiani. A questa frattura, ampiamente visibile nel M5S, assiste, con una impotenza sconcertante il Pd che, partito strutturato, dovrebbe mantenere in alto il valore della politica, umus della democrazia. Ma non si può mancare di chiamare in causa anche Renzi che condivide la politica del Pd. E in tutte queste vicende, nessuno creda che abbia influito, moltissimo, il disastro provocato dal coronavirus o da un’Unione Europea, allergica alla solidarietà. Le guerre politiche interne all’Italia sono condotte, come è sempre accaduto, solo in parte alla luce del Sole ma per lo più avvengono lontano da occhi indiscreti, compresi accordi, spesso, inconfessabili. La realtà è che il popolo, quello che continua a votare, è tagliato fuori dalle decisioni importanti sin dal giorno dopo i risultati elettorali. Un esempio per chiudere, pagine di storia orrende. E’ stato chiesto agli italiani nulla sul forte indebitamento che si sta accumulando, ogni giorno di più? Quanti anni e sacrifici dovranno fare, figli e nipoti per ripianare,( si fa per dire ), il Bilancio dello Stato  così appesantito? Questo è un appello: venga chiamato subito Draghi, l’unico grande esperto di economia che abbiamo in panchina. L’unico che può essere il valore aggiunto per un serio discorso che va fatto subito non solo all’UE ma anche agli italiani. Nessuno si illuda: chi chiede denaro, lo può ottenere,  ma lo deve anche restituire, nessuno lo farà al posto suo.

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